A Palazzo Braschi, una delle mostre più attese dell’anno: Klimt. La Secessione e l’Italia. Uno degli artisti più conosciuti e amati, grazie anche al suo Bacio, diventato iconico e citato in tante opere letterarie e musicali. Ospitata dal Museo di Roma grazie ad una collaborazione tra il Museo Belvedere di Vienna, la Klimt Foundation e collezioni sia pubbliche che private come la Neue Galerie Graz. La mostra, presente fino al 27 Marzo 2022, ripercorre la vita del cofondatore della Secessione Viennese e indaga soprattutto del suo rapporto con l’Italia, presente in gran parte della sua produzione artistica grazie ai suoi numerosi viaggi e successi espositivi nel nostro Bel Paese. Circa 200 opere esposte tra disegni, dipinti, sculture e manifesti di Klimt e degli artisti del suo ambito. Non a caso ci celebrano i 110 anni dalla sua partecipazione all’Esposizione Internazionale dʼArte del 1911, Gustav Klimt torna in Italia. Sono infatti presenti alla mostra anche opere di pittori e scultori italiani tra cui Galileo Chini, Vittorio Zecchin, Arturo Noci, Camillo Innocenti, Felice Casorati, Giovanni Prini.
Ospite d’eccezione della mostra sarà Ritratto di Signora (1916-17), trafugato dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza nel 1997 e ricomparso ventitré anni dopo, il 10 dicembre 2019, con modalità enigmatiche quasi quanto quelle dello stesso furto: fu ritrovato infatti in una piccola stanza dentro un sacchetto di plastica, lungo il muro esterno dello stesso museo, durante alcuni lavori. Tra le altre opere iconiche è presente la famosissima Giuditta I (1901), arrivata proprio dalla Galleria del Belvedere di Vienna, soggetto da sempre stato utilizzato come metafora del potere di seduzione delle donne, che riesce a vincere anche la forza virile più brutale. A livello simbolico, la figura di Giuditta si presta all’esaltazione di femme fatale che porta alla rovina e alla morte il proprio amante. Amiche I, le sorelle (1907), Signora in bianco (1917-18) fa parte anch’essa dalla collezione del Belvedere di Vienna, che si mostra allo spettatore in tutta la sua nudità, senza nascondere nulla, ma che presenta elementi di inaccessibilità l’incarnato pallido, la chioma rossa e lo sguardo pietrificato. Il ritratto incompiuto di Amalie Zuckerkandl (1917), che porta un pizzico di erotismo attraverso le spalle nude e il caldo linguaggio del corpo: la donna è illustrata seduta davanti al suo spettatore, con le braccia delicatamente conserte verso di lei e il vestito che svolazza sul pavimento. E poi La Sposa (1917-1918) , arriva dalla Klimt Foundation ed è l’ultimo capolavoro prima della morte prematura di Klimt. Si tratta di un’opera incompiuta ed è stata esposta per la prima volta pochi anni fa: stavolta la donna non è circondata di riferimenti erotici bensì va a testa bassa, verso la sua notte di nozze. Lasciandosi dietro un groviglio di corpi in cui trapela il suo lato più istintivo e sessuale, mentre la figura incompiuta, da alcuni studi, sembrerebbe raffigurare un ermafrodita.
Curiosità: Giuditta I è stata la protagonista assoluta da cui si è sviluppata l’intera tesina del mio esame di maturità, nel 2011. Il titolo che scelsi fu L’Eros ed è stata un’emozione incredibile vederla finalmente dal vivo. Dieci anni e diversi titoli di studio dopo, sono felice di occuparmi ancora di arte e di ricordare felicemente gli anni dei liceo.
Palazzo Braschi, Museo di Roma si trova in Piazza di San Pantaleo 10, ed è possibile visitare la mostra dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle 20.00 mentre il sabato e domenica dalle ore 10.00 alle 22.00.