Da oggi, mercoledì 3 ottobre 2018, apre i battenti a Roma, un’esposizione interamente dedicata al mito di Warhol, realizzata in occasione del novantesimo anniversario della sua nascita. negli spazi del Complesso del Vittoriano Ala Brasini, luogo che ospita le mostre più importanti della capitale che mi vede sempre in prima fila tra i più affezionati.
Una mostra che parte dalle origini della Pop Art: nel 1962 Andy Warhol inizia a usare la serigrafia e crea la serie Campbell’s Soup, le famosissime minestre in scatola che prende dagli scaffali dei supermercati per farle diventare vere e proprie icone dell’arte. Seguono le serie su Elvis, su Marilyn, sulla Coca-Cola. A colpire Warhol sono quegli oggetti che abbattono il divario tra ricchi e poveri: una Coca-Cola se la può permettere chiunque e, per quanto sia enorme il potere d’acquisto di un milionario, la sua Coca-Cola non sarà più buona di quella di chiunque altro. È in questi anni che comincia a dire che ognuno ha diritto a 15 minuti di celebrità, quella celebrità da cui è ossessionato da sempre. Warhol diventa in quegli anni il centro catalizzatore della cultura newyorchese, frequenta i locali più ambiti del momento, come lo Studio 54 o il Max’s Kansas City dove si fa fotografare, tra gli altri, con Liza Minnelli, Debbie Harry, Paloma Picasso, Truman Capote.
Nel ‘63 si trasferisce a lavorare in uno studio sulla quarantasettesima est, etichettato in breve tempo “Silver Factory”, la fabbrica d’argento, per l’aspetto che Billy Name – fotografo e grande amico di Warhol – riuscì a darne riempiendo i muri di carta stagnola.
Come si evince dalle numerose opere a questo dedicate in mostra, i frequentatori della Factory erano moltissimi: Bob Dylan, Truman Capote, John Lennon, Mick Jagger, Jack Kerouac, Salvador Dalì, Tennessee Williams, Rudolf Nureyev, Montgomery Clift. Chiunque poteva entrare nel magico mondo di Andy.
I ritratti di alcuni di loro spiccano sulle pareti del Vittoriano, così come le copertine degli album realizzate da Warhol raffiguranti immagini e simboli passati alla storia come la banana di The Velvet Underground & Nico del 1967, i jeans di Sticky Fingers (1971) dei Rolling Stones e molte altre.
Nel 1969 fonda Interview, un magazine interamente dedicato alle celebrità, forse l’unica vera, grande fissazione di Warhol. Dipinge incessantemente nella metà degli anni ’70, usando come base le polaroid scattate dai tanti personaggi che continuano a popolare la Factory: Liz Taylor, Sylvester Stallone, John Wayne, Liza Minnelli, Valentino, Armani, Caroline di Monaco e Michael Jackson. Sono gli anni ’70 e ’80 a incoronarlo come il più prolifico e noto artista vivente, un’icona dalla vita straordinaria, tra i più grandi rivoluzionari del linguaggio artistico e culturale di tutti i tempi. Nel pieno della fama e della popolarità, il 22 febbraio del 1987 Warhol muore sotto i ferri di una semplicissima operazione alla cistifellea,lasciando il mondo orfano di un personaggio che, come pochi altri, ha cambiato il corso della storia. Un artista i cui 15 minuti di celebrità non sono ancora cessati.
ma che bella questa mostra! Segnata 😉
la zia di mio marito, Liliana Cossovel, era una pittrice veneta molto famosa e grande amica di Andy. ogni volta che vedo le sue opere penso a lei.
un vero artista, un vero genio
lo amo particolarmente
Se vivessi a Roma ci andrei subito!
Grazie per avermi aiutata a conoscere qualcosa in più di questo grande artista del quale, lo ammetto, sapevo veramente poco. Se avrò modo di passare da Roma, andrò sicuramente a vedere questa esposizione!